Siamo ai primi di marzo 2024 e gli ultimi fenomeni meteo hanno devastato le nostre strade, già in condizioni piuttosto critiche, creando voragini e insidie che per le auto corrispondono a danni materiali, per bici e moto un gravissimo pericolo.

Un colpo di grazia che ha causato in pochi giorni tantissimi incidenti, con conseguenze più o meno rilevanti.

Ma oltre al danno segue in questi casi la beffa: le pratiche di risarcimento sono le più complicate, poiché ci troviamo dall’altra parte Enti (i custodi delle strade) che tendono a scaricarsi la responsabilità uno con l’altro, ponendo l’utente, vittima, in una situazione di totale confusione, al punto di farlo desistere dal proseguire nella sua vertenza: obiettivo raggiunto!

Per fare chiarezza partiamo dal soggetto tenuto al risarcimento: la Cassazione ha stabilito che la responsabilità resta in capo al custode della strada, solitamente il proprietario (Comune o Provincia secondo che la strada sia comunale o provinciale).

Secondo punto: cosa bisogna dimostrare? Sempre la Cassazione ha posto un unico onere a carico della vittima, ovvero documentare null’altro se non la dinamica dell’incidente: in parole povere che il ciclista sia caduto a causa della buca.

Scatta in quel caso in automatico un obbligo al risarcimento da parte del proprietario della strada (Comune o Provincia) per non aver assolto all’obbligo di buona manutenzione della strada.

Secondo la Cassazione, infatti l’utente della strada deve poter contare su uno stato di buona manutenzione del manto stradale, e il proprietario della strada potrebbe trovare quale unica giustificazione il caso fortuito, ovvero un evento imprevisto ed imprevedibile, tra cui una condotta colposa della vittima stessa, tale da superare il nesso di causalità tra buca/cattiva manutenzione e danno.

In uno dei tanti casi che purtroppo abbiamo dovuto patrocinare ci è capitato di dover leggere nelle difese della Provincia in questione (si trattava di un danno subito da un ciclista caduto a causa di buche in sequenza) che  essendo “fatto noto” e incontestabile all’utenza che in quella provincia le strade fossero in pessime condizioni di manutenzione il ciclista avrebbe dovuto usare maggiori cautele.

Ad ulteriore discolpa l’Ente in questione imputava la cattiva manutenzione alle condizioni meteo della zona e al passaggio dei trattori…

La strategia difensiva dell’Ente puntava ad imputare al ciclista una “colpa” dovuta al fatto che, ignaro delle condizioni pessime dell’asfalto, avesse pedalato facendo in realtà affidamento sulla buona manutenzione del manto stradale.

Curioso poi che lo stesso Ente nelle proprie difese imputerebbe al ciclista una colpa ulteriore, per il fatto di aver utilizzato i pedali agganciati nelle biciclette da corsa, ritenendo che costituissero un ulteriore fattore di pericolo e rischio al punto di superare la responsabilità del custode della strada.

Prendiamo spunto per rilevare che nella realtà i pedali a c.d. “sgancio rapido”, ormai utilizzati da tutti i ciclisti sportivi, sono un’invenzione che risale agli anni ottanta, una grande svolta finalizzata proprio alla sicurezza, consentendo di non perdere di aderenza in casi come questi e liberare immediatamente il ciclista in caso di caduta!

Sentiamo stridere le unghie sullo specchio, ma ciò che sconforta è la condotta processuale finalizzata proprio a sfiancare la vittima, negando anche l’evidenza.

Nessuna prova, quindi da parte dell’Ente che il ciclista si sia reso colpevole o responsabile di azioni tali da costituire la causa della sua caduta (non era distratto, non viaggiava a forte velocità, non utilizzava bicicletta non adeguata, non stava pedalando in modo imprudente)

Nel caso al vaglio del Giudice ci sarebbero tutti gli elementi per una condanna (nella quale confidiamo) poiché:
 

  1. Provata la presenza della BUCA e del tratto di strada maltenuto (per stessa ammissione della difesa dell’Ente tenuto alla manutenzione)
  2. Provato l’inadempimento del custode, Ente proprietario e tenuto alla manutenzione, per sua stessa ammissione.
  3. Non provata da parte del Custode il caso fortuito, ovvero che il ciclista abbia adottato una condotta imprudente e imprevedibile al punto di diventare quella condotta la causa stessa dell’incidente.

Quando si subisce un incidente dovuto a cattiva manutenzione della strada dobbiamo quindi mettere in conto che ci troveremo un avversario che tenterà in ogni modo di sottrarsi alle proprie responsabilità, che non è tenuto ai termini imposti dal codice delle assicurazioni (non si tratta infatti di RC AUTO bensì di responsabilità civile, che non ha i termini brevi imposti dall IVASS) e confiderà nell’alea del Giudizio. 

Importante quindi prepararsi con cura e raccogliere nell’immediato più elementi possibili, specialmente sul luogo dell’incidente, così da poter dimostrare l’esatta dinamica dell’incidente, l’entità e la pericolosità della buca 

  1. Chiamare le forze dell’ordine e far rilevare, fotografare, anche filmare lo stato dei luoghi, prima di spostare la bicicletta
  2. Prendere nota di eventuali testimoni presenti (nome cognome cellulare e se acconsentono una foto della carta identità)
  3. Scattare subito fotografie della buca, della strada, anche ampie, della bici nel punto in cui è caduta, con particolare sui danni.
  4. Chiamare l’ambulanza se hai subito lesioni anche lievi (rimetterti in sella a “botta calda” potrebbe essere pericoloso), o alla peggio vai al PS nelle 24 ore successive.
  5. Chiamare subito ZEROSBATTI per avere un supporto immediato e farti guidare fin dalle prime fasi, le più importanti per non rimanere spiazzati quando l’Ente negherà ogni addebito.

Avv. Federico Balconi

 

 

 

Foto di Anja Bauermann su Unsplash

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