La vacanza è rovinata, il disagio indescrivibile, e potrebbe coinvolgere il resto della famiglia, che dovrà sorbire il magone del ciclista per tutto il soggiorno.

Dopo la sofferenza patita, è possibile ottenere il risarcimento del danno per intero della bicicletta o dobbiamo accontentarci di un tot “a peso”, con grande disappunto?

Considerato i pochi centinaia di grammi del peso di una bici, ci sarebbe da rimetterci due volte! La soluzione c’è ma attenzione a fare le mosse giuste, rigorosamente all’imbarco.

La legge che risale al 1929 è stata interpretata da una recente sentenza della Cassazione, che ha chiarito e dato soluzioni, per una volta a favore di noi ciclisti.

Con l’ordinanza n. 11037/2018 la VI^ Sezione Civile della Corte di Cassazione ha infatti riconosciuto il diritto del ciclista ad ottenere il risarcimento integrale della sua bicicletta in caso di danneggiamento durante il trasporto.

 

Nel caso trattato il ciclista ha perso la causa, ma il suo sacrificio è valso a chiarire e stabilire un principio che potrà essere utilizzato da noi per non finire nello stesso tranello.

Il turista sventurato aveva omesso un passaggio fondamentale: la corretta dichiarazione del valore della bicicletta al momento dell’imbarco.

Non è valso a nulla tutto lo sforzo compiuto per spiegare e dimostrare che proprio prima di imbarcarsi aveva fatto tutte le raccomandazioni possibili, chiedendo perfino di pagare un sovraprezzo: non vi era la prova di aver dichiarato correttamente il valore della sua bici e l’interesse ad ottenere la restituzione della sua bicicletta.

Purtroppo, come spesso avviene, se le forme sono sbagliate non si ottiene la sostanza…!

La sentenza chiarisce e stabilisce che “in capo al passeggero vi è l’obbligo di dichiarare, al momento dell’imbarco se non in precedenza, il valore di un oggetto trasportato e depositato nella stiva dell’aereo affinché possa ottenere il ristoro dei danni eventualmente sofferti dallo stesso, oltre i limiti della Convenzione di Varsavia del 1929! 

Ottenuto il risarcimento in primo grado (6000 euro), gli era stato poi negato in Appello e in Cassazione. La Corte di Appello di Roma aveva infatti ridotto il risarcimento nel limite di 17 diritti speciali di prelievo per 20 kg, oltre interessi

La Cassazione ha confermato la decisione della Corte di Appello.

Nulla da fare per il ciclista, nonostante avesse dimostrato di aver fatto presente verbalmente in sede di imbarco la “delicatezza ed il particolare valore” del bagaglio, di avere chiesto se ci volesse una speciale procedura o il pagamento di un sovrapprezzo, ricevendone risposta negativa dagli addetti, di avere poi tempestivamente provveduto a denunciare il danno  all’atterraggio, di aver dimostrato il valore effettivo della bicicletta distrutta.
Il diritto al risarcimento non gli è stato negato, ma applicando i limiti previsti dall’art. 22 della Convenzione di Varsavia.

 

Secondo detta Convenzione si può ottenere il ristoro dell’effettivo valore perduto ma a due condizioni:

1.la presenza di una efficace dichiarazione di speciale interesse alla riconsegna

2. una dichiarazione del valore preciso del bene

Con queste due dichiarazioni, da fare rigorosamente in forma scritta (basta un foglio di carta firmato da chi prende in consegna il bagaglio) si ha diritto ad ottenere il risarcimento del valore effettivo, anche se supera i limiti della convenzione del 1929.

Quindi, per viaggiare tranquilli con la bicicletta nella stiva:

la norma pretende la dichiarazione che dovrà essere effettuato in forma scritta.

Nel caso di danno, la vacanza sarà rovinata ma almeno con la prospettiva del risarcimento integrale!

Tutto il lavoro svolto dal ciclista al momento dell’imbarco, verbalmente, non è stato ritenuto sufficiente e questo deve insegnarci che sempre nel dubbio scrivere e farsi timbrare e firmare quanto pattuito, senza MAI fidarsi  degli impegni VERBALI!

 

Di seguito il testo integrale dell’ordinanza.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 15 febbraio – 9 maggio 2018, n. 11037Presidente Amendola – Relatore Tatangelo

Fatti di causa

C.F. ha agito in giudizio nei confronti di Egyptair – Linee Aeree Egiziane per ottenere il risarcimento del danno subito in seguito al danneggiamento di una bicicletta imbarcata a bordo di un aereo della compagnia convenuta, in una tratta dall’(…) all’(…).
La domanda è stata accolta dal Tribunale di Roma, che ha riconosciuto all’attore un risarcimento pari ad Euro 5.999,000, oltre accessori.
La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha ridotto il risarcimento nel limite di 17 diritti speciali di prelievo per 20 kg, oltre interessi (limite previsto dalla Convenzione di Varsavia regolante il trasporto internazionale).
Ricorre il C. , sulla base di tre motivi.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile.
È stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
La compagnia intimata (che non ha provveduto a notificare alcun controricorso) ha depositato memoria difensiva in data 10 febbraio 2018.
Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Ragioni della decisione

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1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “omesso esame di un fatto decisivo controversia (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.), violazione Convenzione di Montreal e Convenzione di Varsavia”.
Con il secondo motivo si denunzia “omesso esame di un fatto decisivo controversia (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.), violazione Convenzione di Montreal e Convenzione di Varsavia, e artt. 396 e 419 456 e 955 codice nav.”.
Con il terzo motivo si denunzia “omesso esame di un fatto decisivo controversia (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.), violazione Convenzione di Montreal e Convenzione di Varsavia, e art. 115, 116 e 117 c.p.c.”.
I tre motivi del ricorso sono connessi e possono quindi essere esaminati congiuntamente.
Essi sono inammissibili, per difetto di specificità.
Le censure avanzate dal ricorrente non colgono infatti le effettive ragioni della decisione impugnata.
Il C. deduce ripetutamente di avere fatto presente verbalmente in sede di imbarco la delicatezza ed il particolare valore del contenuto del proprio bagaglio da trasportare in stiva, di avere chiesto se era necessaria una speciale procedura o il pagamento di un sovrapprezzo per detto trasporto, ricevendone risposta negativa dagli addetti della compagnia, di avere poi tempestivamente provveduto a denunciare il danno subito dal predetto bagaglio, all’atterraggio; sostiene inoltre che la dichiarazione di speciale interesse alla riconsegna prevista dalle convenzioni internazionali in tema di trasporto non richiede una particolare forma, e di avere comunque dimostrato il valore effettivo della bicicletta distrutta, senza che la compagnia stessa – sulla quale gravava l’onere di provare l’assenza di responsabilità – abbia sostanzialmente negato il suo diritto al risarcimento.
In realtà, la corte di appello ha pienamente riconosciuto il diritto dell’attore al risarcimento per il danneggiamento del proprio bagaglio, anche se ha ritenuto applicabili i limiti previsti dall’art. 22 della Convenzione per l’unificazione di alcune regole del trasporto internazionale, stipulata a Varsavia il 12 ottobre 1929, resa esecutiva in Italia con legge 19 maggio 1932 n. 841, emendata con Protocollo dell’Aja del 28 settembre 1955, ratificato dall’Italia con legge 3 dicembre 1962 n. 1832 (disposizione del resto non modificata dalla successiva Convenzione di Montreal, non applicabile nella fattispecie, ratione temporis), in mancanza di una efficace dichiarazione di speciale interesse alla riconsegna, dichiarazione che, in base alla suddetta disposizione, rende possibile il risarcimento oltre detti limiti, in misura pari all’importo dichiarato (salva la prova del difetto di effettivo interesse del mittente).
Ed ha in proposito ritenuto, in diritto, che la dichiarazione in questione richieda necessariamente l’indicazione esatta del valore dell’oggetto da trasportare da parte del mittente.
Anche a prescindere dalla (pur affermata) necessità che essa (in quanto accessoria al contratto di trasporto aereo, che ha forma scritta ad probationem ai sensi dell’art. 940 c.n.), risulti per iscritto, ha quindi rilevato, quale circostanza assorbente (e quindi autonoma ratio decidendi), che nella specie l’indicazione esatta del valore della bicicletta non risultava essere stata effettuata neanche verbalmente al momento dell’imbarco o in precedenza.
Sotto questo profilo la decisione non risulta specificamente censurata con i motivi di ricorso, né sotto il profilo di diritto (con riguardo cioè alla affermata necessità che la dichiarazione in questione, a prescindere dalla sua forma, contenga l’indicazione esatta del valore del bene da trasportare) né sotto quello di fatto (con riguardo cioè alla circostanza che nella specie tale valore non era stato specificato, né per iscritto né verbalmente, dall’attore).
Ed è appena il caso di osservare, solo per completezza espositiva, che nessun rilievo può attribuirsi alle allegazioni dell’attore in ordine alla propria richiesta, rivolta agli addetti della compagnia aerea, sulla eventuale necessità di seguire una speciale procedura o pagare un sovrapprezzo per l’imbarco del suo bagaglio: in mancanza di qualunque elemento che porti a ritenere che fossero state specificamente chieste informazioni sulla procedura da seguire al fine di potere poi richiedere un eventuale risarcimento in misura superiore ai limiti previsti dalle convenzioni vigenti (e non semplicemente per l’imbarco del bagaglio, in conformità alle ordinarie previsioni convenzionali), le risposte degli addetti non possono ritenersi ingannevoli; in ogni caso, anche se esse potessero considerarsi errate, ciò non potrebbe in nessun caso determinare l’efficacia della dichiarazione di speciale interesse alla riconsegna priva di indicazione di valore del bene (potendo al più, in astratto, determinare esclusivamente una responsabilità risarcitoria di altro tipo, in relazione al’inesatto adempimento di eventuali obblighi informativi, che nella specie peraltro non risulta neanche azionata).
2. Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Esso risulta peraltro notificato dopo l’entrata in vigore del decreto legge 31 agosto 2016 n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016 n. 197, che ha previsto la definizione all’esito di camera di consiglio non partecipata dei procedimenti per i quali sussistano le condizioni di cui all’art. 375, comma 1, n. 1 e 5, c.p.c..
Poiché la compagnia intimata non risulta aver notificato alcun controricorso, è inammissibile la memoria da questa depositata in data 10 febbraio 2018, in vista dell’adunanza camerale. Ed infatti, secondo l’indirizzo di questa Corte, “in tema di giudizio di cassazione, è inammissibile una memoria di costituzione presentata dalla parte intimata che non abbia previamente notificato al ricorrente il controricorso nel termine previsto dall’art. 370 c.p.c., né tale parte potrebbe giovarsi della facoltà di presentare memorie in vista dell’adunanza camerale prevista dall’art. 380 bis c.p.c., come modificato dalla legge n. 197 del 2016, quando, alla data di entrata in vigore di tale legge, aveva ancora la possibilità di ottemperare al disposto dell’art. 370 c.p.c., atteso che in tale caso sarebbe stato suo onere dapprima notificare il controricorso, ancorché tardivamente, e poi interloquire con la memoria di cui al citato art. 380 bis c.p.c.” (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24835 del 20/10/2017, Rv. 645928 – 01; cfr. anche Cass., Sez. 1 -, Sentenza n. 27140 del 15/11/2017, Rv. 646185 – 01; per analoga conclusione in relazione al procedimento con discussione in pubblica udienza: Sez. 3, Sentenza n. 25735 del 05/12/2014, Rv. 633422 – 01).
L’intimata non può quindi ritenersi regolarmente costituita e, di conseguenza, non possono essere liquidate in suo favore le spese del giudizio di legittimità.
Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dall’art. 1, co. 18, della legge n. 228 del 2012, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, co. 17, della citata legge n. 228 del 2012.

P.Q.M.

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La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso;
– nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
 

 

 

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